CURIOSITÀ
SAN GIUVANNI-N-NO'-LEMMU
<< Rito "magico", piuttosto macchinoso, un tempo praticato frequentemente nella ricorrenza del 24 giugno.Consiste nella osservazione, e cabalistica "interpretazione", delle singolari forme assunte dal piombo (o dallo stagno, o magari dallo zolfo) fuso, e tuffato bruscamente in un -> lemmu pieno d'acqua: L'auspicio meno lieto consiste nella "temuta" individuazione, più o meno vaga e fantasiosa, del profilo di testa umana, quella, in definitiva, di San Giovanni "decollato"; altrimenti, ci si può sbizzarrire - più o meno cervelloticamente - nell'interpretazione delle ottenute "forme", con funzione dunque analoga a quella dei -> nìmmi, o del -> iurici-giustu. In parallelo alla pratica del misterioso rito (poi limitato a casi sporadici ispirati da mera curiosità profana), si evoluì il noto detto: "VIRIRI A SAN GIUVANNI-N-NO'-LÈMMU"; che comunque conservò, in chiave traslata, il parziale significato di "vedere quaklcosa di pauroso, di temibile", così divenendo: o una aperta minaccia, come "Ti fàzzhu vìriri a San Giuvanni-n-no'-lèmmu!, cioè ti faccio passare grossi guai, oppure un distaccato commento, come "Vitti a San Giuvanni-n-no'-lèmmu!", cioè ho/ha visto cose terribili, ho/ha vissuto una paurosa vicenda.>>[ G. Di Marzo Op. cit.] Aggiungiamo solo che quest'ultima accezione può anche avere un significato dubitativo e sfottente nel senso di aver fatto una falsa e stupida profezia o previsione (come un aver avuto le traveggole).
'A CACATA DI PETRU PÒCCHIA, DI FAVIGNANA 'N-TRAPANI
Quando ancora non esistevano i motori , le barche dei pescatori, se mancava il vento,dovevano andare a remi. E se la traversata era lunga, la fatica da fare era notevole. In una di tali traversate in bonaccia piatta, da Favignana a Trapani, quel furbacchione di Petru-Pòcchia per scaricarsi del massacrante lavoro, dopo essersi provvisto di una congrua quantità di sassolini, finse a un certo punto di sentire irrefrenabili stimoli di fisiologica evacuazione. Lasciò quindi il remo ad un compagno e andò a sedersi sull'orlo prodiero, in opportuna posizione strategica con le chiappe fuori bordo e lasciando studiatamente cadere ogni tanto un sassolino in mare, per fare udire ai compagni ignari quei tonfi in acqua, legittimò la sua astensione dalla faticaccia, prolungando sfacciatamente la sceneggiata sino all'arrivo. [da G. Di Marzo Op. cit.]
'U SÀCCIU C'HA' DIRI CAFÉ ! MA QUANTU? CINCO O RECI?
È la pressante richiesta che un ragazzino, mandato di capo mattina dai genitori beoni a comprare del vino ( dopo essere stato istruito a non dare confidenza ai vicini), essendosi dimenticata la quantità ordinatagli, rivolse, da mezzo la strada, al padre finalmente affacciatosi alla finestra di casa. [Tale domanda viene ancora rivolta, in forma retorica ed antonomastica, ad un preciso interlocutore quando si vuole lasciare criptico il discorso per gli altri astanti]
MAMÈTTU E SAN NICOLA
FINÌRI COMU E' SUNATURA 'U MUNTI (chi scinnèru cu' scèccu (o ca' carrozza) e acchianàru a peri).
Si racconta che i suonatori del Monte San Giuliano furono prelevati a casa loro e portati a Trapani "in carrozza" per prendere parte ad una festa, finita la quale, non essendo più utili, furono deliberatamente lasciati "a piedi", nulla più curandosi nessuno per il loro ritorno a casa. L'apologo sta ad avvertire di non fidarsi della cerimoniosità di chi a tutto è disposto pur di ottenere quello che al momento gli serve. Perché facilmente, ottenutolo, manifesterà la sua natura ipocrita e miserabile.
A S. ANTUNINU, CI ABBÀTTI L'OCCHIU O' TUNNU
Spiegazione pseudo psico-scientifica: secondo una antica leggenda i tonni soffrirebbero, forse solo durante il periodo riproduttivo, di una "monoculàro-patìa alternata", cioè vedrebbero da un solo occhio alla volta. Sino a metà giugno (Sant'Antuninu è il 13 giugno) quest'occhio è il sinistro. A questa data avverrebbe "l'abbattimento dell'occhio" cioè l'inversione della visione monoculàre diventando valido l'occhio destro. Ciò spiega perchè "all'andata" i tonni, vedendo con l'occhio sinistro, ,guardando la costa nord della Sicilia ,seguono una rotta ovest, mentre "al ritorno", vedendo con l'occhio destro, guardando la costa, seguono una rotta est. Più semplice la spiegazione dell'inversione della rotta diventa quando si tenga conto che a metà giugno i tonni, avendo già adempiuto la loro funzione riproduttiva, iniziano il ritorno ai loro abitat di pastura in attesa della primavera successiva e di un nuovo ciclo riproduttivo.[!!!!!?]
A SAN GIUVANNI SI CUNTANU 'I VALLIRA ---> Termini marinareschi
MURATTI

Gioacchino Murat, sovrano napoleonico del Regno di Napoli (31.7.1808 - 13.10.1815), inteso come esempio di potere forte quanto effimero è citato in due detti particolarmente significativi dal punto di vista della "Filosofia del Diritto" così come percepita dal popolo:
Muratti fici 'a liggi ..e Muratti la livau! = Murat ha fatto la legge e Murat l'ha levata!
Muratti fici 'a liggi .. e fu suggettu a' liggi! = Murat ha fatto la legge.. e ne fu egli stesso assoggettato!
Le disposizioni di legge (la Legge) vengono promulgate e abrogate a seconda della convenienza dei potenti di turno, i quali però, nei periodi di vigenza, ne sono anche essi assoggettati [forse!]

'U PARRÍNU E 'U MALUTEMPU
Un parrìnu marsalese addumannàu un passaggio di favore a dei marinai diretti a Favignana. Durante il viaggio lo scirocco, prima lieve, si fece burrasca per cui il parrìno spaventatissimo , credendosi in pericolo, rivolto concitato ai marinai così li implorò pretenzioso: "A mìa pinsàti a salvari, picchì èu 'un ci sugnu abbituàtu a' anniàrimi a mari!" [a differenza di voi][Si noti la satira a doppioa chiave: anticlericale e antimarsalese]
STORIELLE DEL TEATRO DELL'OPIRA 'E PUPI A TRAPANI
1. D'inverno, nella sala piena di acre fumo di pipe, nella sala in Via Balì Cavarretta, la puntata della "Storia dei Paladini di Francia" prevedeva una accanita tenzone tra un difensore della fede cristiana e un saraceno. Manovrati da due "pupàri", padre e figlio, i due si scambiavano terribili fendenti sottolineati dalla voce stentorea dei due pupàri e da sincronizzati grandi botte di tacco sull'impiantito di legno. Gli spettatori seguivano la scena estasiati. A quel punto il pupàro giovane sentì, proveniente dalla strada, l'abbannìata del venditore di pesci e distrattosi, ma mantenendo la voce stentorea della recita, proruppe in un :" Papàa ..sta passannu ..'u-cicirèddru". Si diffuse nel locale un mormorio di inquieto disappunto, quando il vecchio pupàro, resosi conto dell'improvvisa impasse, recuperò la situazione uscendosene con voce ancora più stentorea e una potente botta di tacco col dire: "Ebbeeène...comprane un chilo! lo faremo arrosto sotto le mura di Parigi!".
2. Si narra che nel corso della rappresentazione gli spettatori si coinvolgessero emotivamente al tal punto che capitò più di una volta che qualcuno di essi si fosse offerto di "accoltellare", per punizione, il traditore Cane (Gano) di Magonza.
3. Durante un accanito combattimento uno dei due pupi perse completamente una gamba. Il puparo che lo manovrava, smarrito, lo ritirò precipitosamente dalla scena e l'altro pupàro, ben più esperto, dopo un attimo di perplessità, risolse la situazione chiudendo la tenzone con la minacciosa promessa: "Tu fuggi con una gamba, ma io ti assicùto!".
4. Ròn Filiricu è stato uno dei più rinomati pupàri trapanesi. Gli succedette, negli anni trenta, il "fine dicitore" Lamia. Gli capitava ogni tanto di perdersi in una esagerata "sospensione della incredulità". E capitava che qualcuno degli spettatori, un poco sfizioso, lo richiamasse "all'ordine". Nel corso di una rappresentazione ron Filirìco proruppe: " E allora Orlando, con un colpo di durlindana, ammazzò cinquanta saraceni!". Dalla platea uno spettatore gli si rivolse sfottente: " Calàri avi, ròn Filirìcu!". Resosi conto parzialmente dell'esagerazione e per riprendere il filo della trama, Ròn Filirìcu ammise: " E allora Orlando, con un colpo di durlindana, scannò venticinque saraceni!". Lo spettatore non si acquietò: " Calàri avi, Ron Filirìcu!". E allora ....[non so come è finita la storia: Aiutatemi!]
in costruzione
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